domenica 4 settembre 2011

IL VIRTUOSO ESEMPIO DELLA ONG DI NDEM, PARTNER DI TERRE DES EGALES IN SENEGAL

Ndem. La sua storia e i suoi progetti.
Racconto di S. Aissa Cissè
(registrazione del 31 marzo 2009, a Ndem, Baol, Senegal)

Sokhna Aissa Cissè

25 anni fa: il
ritorno a Ndem

Siamo qui a Ndem ormai da venticinque anni. Ndem è il villaggio del bisnonno di Serigne Babacar Mbow che è diventato mio marito. Ci siamo incontrati in Europa, io ero in ricerca spirituale con un forte sentimento nei confronti dell’Africa, intuitivo solamente, perché cercavo il mio posto spirituale nel mondo e avevo molte domande e già un certo cammino, ed è in Senegal che ho potuto incontrare la via spirituale SUFI cui il mio cuore poteva aderire e adottare come la sua strada. E ciò grazie, in particolare, all’incontro con Sérigne Babacar. Lui stesso quando ci siamo incontrati aveva viaggiato molto in Europa ed aveva il sogno di ritornare a vivere nel suo paese. Aveva una visione e il sentimento rivolto verso il ritorno in Africa dove vivere in un ritiro di carattere spirituale. Questo è ciò che ci ha portati qui, a NDem al villaggio del bisnonno di Sérigne Babacar che era un grande santo, un rifugio spirituale per la sua epoca. Era un grande santo discepolo di C. Amadou Bamba che riposa a Touba. Grande Santo che ha illuminato il Senegal del secolo scorso divenendo per molte anime di quel tempo il rifugio e la guida capace di raccomandare come bisogna vivere una vita che piaccia a Dio. Questa dunque è l’origine della nostra venuta a Ndem. Quando siamo arrivati abbiamo trovato una situazione economica, sociale e, in un certo modo, anche spirituale molto difficile. Era un villaggio quasi abbandonato. In seguito alla siccità che era durata settanta anni le persone che potevano lavorare erano costrette ad abbandonare i villaggi per cercare le risorse per sopravvivere. Quando siamo arrivati qualche mese prima dell’hivernage - la stagione delle piogge - abbiamo trovato delle donne molto forti, molto accoglienti. Misteriosamente ci siamo attaccati al villaggio e abbiamo chiesto se potevano

La fatica delle
donne. Il lavoro del
miglio. L’accoglienza
del cuore


darci una terra per abitare e ci hanno dato questa terra. All’origine era un campo, dove ci siamo istallati con la nostra prima figlia che era piccola. Ci siamo istallati qui con la sola determinazione nel cuore di cercare di vivere qui nella pace e in un cammino spirituale in armonia con le persone che ci avevano accolto. Ci siamo messi un po’ fuori dal villaggio e presto abbiamo capito che c’era una situazione molto difficile per la gente. Era un anno particolarmente duro. Non c’erano maschi adulti, non c’era un cavallo che avesse la forza di levarsi in piedi e ogni mattina i pochi uomini che restavano al villaggio dovevano fare il giro delle case per alzare i cavalli talmente avevano fame, tanto mancava il foraggio e le donne passavano la vita ad andare al pozzo. C’era un pozzo profondo 35 metri e per riempire una vasca di 40 litri il secchio doveva scendere tre volte. Bisognava che ci fossero tre donne per maneggiare il secchio. Un contenitore da portare a casa per ciascuna delle donne significava far scendere e risalire il secchio 9 volte per 35 metri. Questo succede dovunque non c’è accesso all’acqua: era un lavoro molto faticoso e in tutti i villaggi del Sahel era così ed è così ancor oggi. Tutta questa fatica dava la possibilità di avere acqua solo per la sopravvivenza domestica e per piantare qualche albero che potesse sopravvivere nel deserto. Presto S. Babacar ha cercato di riunire le donne, io allora non parlavo wolof, per vedere quale fosse il loro bisogno prioritario. Hanno tutte evocato la necessità di un mulino per macinare il miglio che qui è l’alimento di base. Nei tre mesi delle piogge da luglio a settembre si pianta il miglio e un po’ di arachidi, poche perché il seme è diventato molto caro e la maggior parte degli agricoltori non hanno più l’accesso all’arachide e ai fagioli. Dunque il miglio era l’alimentazione principale della popolazione e alle cinque del mattino sentivi i colpi del mortaio per pestare il miglio, ma il raccolto era insufficiente e una volta mangiato il raccolto la gente era costretta a partire. La priorità dunque delle donne era un mulino e l’acqua per lavare il miglio. Perché tu macini poi vai a prendere l’acqua, poi nei mesi delle piogge vai nei campi, poi a cercare la legna nella brousse per cucinare, ti occupi dei bambini, e fai il bucato. Donne molto coraggiose e sempre sorridenti, che non si lamentano, sempre accoglienti, è questo calore umano che subito mi ha 

Il mulino. La discussione 
sull’acqua e la prima 
trivellazione. L’associazione di Ginevra


commosso qui nel Senegal, che la gente quale che sia la sua situazione sul piano materiale ha questa accoglienza del cuore che il poco che hanno sono pronti a dividerlo con altri e hanno una fede che li sostiene interiormente che li rende molto dignitosi. Io venivo da un paese ( la Francia) dove c’era tutto sul piano materiale ma molta sofferenza sul piano interiore. E’ questo che veramente mi
aveva toccato. Allora abbiamo cominciato con le donne a cercare di migliorare creando un’associazione e cercando con la famiglia e gli amici che erano in Francia di creare anche lì un’associazione per fare degli eventi per raccogliere dei fondi e così abbiamo fatto il primo mulino che risparmiava alle donne di pestare il miglio a mano. C’è una piccola pellicina intorno al seme che bisogna togliere a mano e poi lavare il miglio e poi pestarlo fino a trasformarlo in farina e poi lavorare la farina per fare il couscous o le polpette. E’ un lavoro molto faticoso. Dunque era una priorità per le donne e quando abbiamo potuto fare questo la priorità diventava cercare dell’acqua: abbiamo chiamato dei tecnici che ci hanno detto che bisognava trovare dei mezzi per fare una piccola trivellazione. Prima ci avevano parlato di una grande trivellazione, a 300 metri di profondità che avrebbe permesso di avere molta acqua ed alimentare tutta la zona, poi si è visto, quando abbiamo cercato di trovare dei finanziamenti in Occidente, che gli eventuali finanziatori non erano d’accordo perché dicevano che la gestione dell’acqua era difficile per delle persone che erano abituate ai pozzi e non avevano l’abitudine di pagare l’acqua, allora una trivellazione così profonda che doveva servire molti villaggi, poneva dei problemi di gestione finanziaria e tecnica e si sarebbe posto il problema della sorveglianza delle canalizzazioni che dovevano essere fatte nella brousse. Dunque hanno detto che era meglio fare una piccola trivellazione. Allora per 10 anni abbiamo cercato dei partner per fare la trivellazione. Abbiamo l’acqua solo da 12 anni con l’aiuto di persone di Ginevra che erano venute nel quadro di un’associazione a carattere pedagogico, un’associazione di insegnanti e allievi il cui obbiettivo era quello di aprire lo sguardo di questi giovani di Ginevra su un’altra realtà del Sud, di risvegliare la loro coscienza rispetto all’altro da sé ed è stato molto interessante. Si trattava di una trentina di giovani che erano venuti qui per un mese, venti anni fa. All’epoca non c’era l’acqua qui, tutto era precario e non c’era l’elettricità. 


Serigne Babacar Mbow


La scuola. Il dispensario.
I laboratori. L’opzione per il
biologico


A Ginevra avevano fatto un anno di lavoro di sensibilizzazione su differenti temi che costituiscono fattori di sviluppo nel Sud e alla fine dell’anno avevano organizzato un concerto molto grande con il quale avevano raccolto dei fondi con i quali abbiamo potuto poi costruire una scuola con piccoli laboratori di artigianato e costruire un dispensario. Avevano anche organizzato una grande esposizione in un Centro Commerciale di Ginevra dove avevano invitato molti artisti di molti paesi per lavorare e sensibilizzare su temi che toccano la situazione dei paesi del Sud del mondo. Era l’inizio di quello che oggi chiamiamo lo sviluppo sostenibile di Ndem, questo ci ha permesso di costruire la scuola e il dispensario e questi quattro piccoli laboratori artigianali . Perché ci siamo presto resi conto che non era sufficiente avere accesso all’acqua e alla salute e all’educazione se non c’era un’attività economica che potesse trattenere le persone sul luogo, lo squilibrio sarebbe continuato. Dunque abbiamo iniziato un ‘attività artigianale con gli amici dell’associazione in Francia, che avevamo chiamato Maam Samba, il nome del grande santo bisnonno di Sérigne Babakar e più tardi mia madre aveva aperto un negozio a Parigi. Abbiamo iniziato delle attività artigianali con l’obbiettivo di creare dei posti di lavoro locali valorizzando i saperi artigianali tradizionali perché l’agricoltura non era più sufficiente e speravamo nel settore artigianale e una volta che si avesse l’accesso all’acqua di sperimentare una zona di marechage (orto biologico) per creare delle occasioni di lavoro che potessero trattenere le famiglie nei villaggi. Le cose si sono fatte molto presto per la salute e per la scuola perché le associazioni si impegnavano nel progetto, invece la trivellazione ha richiesto molto più tempo, perché c’era bisogno di un grande finanziamento: infatti bisogna cercare l’acqua più lontano, costruire un serbatoio per la riserva dell’acqua, un gruppo elettrogeno, una pompa, una rete di distribuzione dell’acqua per Ndem e per altri villaggi e alimentare l’orto biologico. Abbiamo fatto l’opzione per il biologico per difendere l’ambiente, dato che gli insetticidi e i concimi sono manipolati senza controllo e senza coscienza con degli effetti dannosi per la terra e sui produttori e sui consumatori che mangiano i legumi. C’è pochissima esperienza in Senegal del biologico e a noi sembrava importante indirizzarci subito nel rispetto della salute di tutti e della terra. 

L’abbandono della 
terra. La scuola

Nel Baol, la nostra regione, in particolare il terreno è così usurato perché c’è stata la siccità, ma anche perché i colonizzatori che hanno diviso l’Africa in pezzi e in ogni pezzo hanno fatto una monocultura. Nell’ Africa dell’est era il cacao o il caffè, nella nostra regione era il bacino delle arachidi. Hanno fatto coltivare intensivamente il bacino delle arachidi nel Baol, praticando una monocultura che ha considerevolmente impoverito il suolo. Poi si è aggiunta la siccità e il deserto del Sahel che discendeva e più c’erano le deforestazioni e più il deserto si allargava. Tutto ciò ha determinato una situazione difficile per cui la gente ha cominciato ad abbandonare la regione per andare a Dakar in condizioni molto difficili, perché metà della popolazione del Senegal è a Dakar e le periferie sono esplose in condizioni di vita deplorevoli. Dunque l’obiettivo dell’associazione era non solo di cercare di migliorare le condizioni di vita ma di creare dell’impiego perché la gente potesse tornare nei villaggi d’origine. Dunque un po’ alla volta, a partire da una piccola macchina da cucire a mano per l’artigianato e partendo dalla buona volontà della gente e soprattutto delle donne che erano qui e della rete di solidarietà che abbiamo creato con la famiglia e gli amici delle associazioni in Europa, abbiamo potuto creare , nel filo degli anni, pietra su pietra, un piccolo progetto che migliorava non solo la vita del villaggio di Ndem, ma anche quella degli abitanti dei villaggi. Tutte le strutture che sono a Ndem sono aperte alla popolazione del circondario. La scuola: abbiamo cominciato con una sola classe prima e con il volontariato, con l’opera di amici che ci hanno raggiunto nel filo degli anni per condividere la nostra vita, e poi abbiamo fatto domanda al Ministero per avere gli insegnanti; inoltre i bambini imparavano il Corano e c’era una educazione spirituale al centro della scuola e il programma francese, perché il Senegal dopo la colonizzazione ha adottato il modello francese. A poco a poco il Ministero dell’Educazione ci ha dato tutti gli insegnanti per il ciclo primario e oggi ci sono anche le prime due classi superiori. La popolazione ha risposto alla scolarizzazione e, dopo la trivellazione per l’acqua a Ndem, anche molte ragazze hanno potuto venire a scuola, perché sono le donne e le ragazze che vanno al pozzo, che macinano il miglio, dunque l’effetto di alleviarle da certi lavori fisici è stato quello di permettere loro di venire a scuola. Oggi abbiamo 300 bambini a scuola provenienti dai villaggi vicini. Con l’aiuto di amici

La mensa. L’artigianato.
La tessitura. I panieri


abbiamo potuto creare la mensa scolastica che potesse fornire un pasto perché i bambini vengono da lontano, camminano 3-4 km per venire a scuola e due giorni la settimana si fermano e d non sono in grado di pagare e ci vuole una piccola partecipazione in natura. Per lungo tempo è stata l’associazione di questi giovani di Ginevra, che ha continuato la sua amicizia con Ndem e che faceva una specie di tontine, una Cassa comune con una quota molto modesta e che con l’unione di piccole somme permetteva di pagare i pasti per la mensa. Hanno fatto questo per molto tempo. L’idea però era che noi stessi potessimo finanziare la mensa autonomamente, grazie a delle attività generatrici di reddito, come l’artigianato. Dall’artigianato pensavano di realizzare il denaro per attività sociali come la mensa. E’ per questo che oggi l’artigianato si è sviluppato con continuità nei vent’anni, laboratorio dopo laboratorio, riusciti a sviluppare la filiera tessile. Prima della siccità, nella zona, la tessitura era fiorente e c’era un grande sapere pratico intorno al cotone. Lo coltivavano le donne, Sapevano come filarlo e come tesserlo, ma era un mestiere che stava scomparendo soprattutto a causa della diffusione dei tessili artificiali che vengono dalla Cina a buon mercato, e, dato che il cotone non aveva più un posto sul mercato senegalese, la tessitura era destinata a scomparire. Le donne tessevano il telo per portare il bebè sulla schiena, ma non usavano altri tessuti locali. Abbiamo potuto rivalorizzare questo sapere e fare molti tessuti per arredamento e per confezioni attraverso la tessitura degli abitanti della zona e abbiamo lavorato molto su una tavolozza di colori, ottenendo 50 colori chimici e poi, nel filo degli anni, abbiamo lavorato anche con i colori naturali, con una tavolozza di quindici. Abbiamo cercato di produrre una gamma di oggetti artigianali che sia l’espressione di un lavoro collettivo, così da un’impresa iniziale di tre persone siamo arrivati ad avere un’impresa sociale che arriva ad impiegare 300 persone quando ci sono degli ordini e che è il patrimonio dell’Associazione che da due anni è diventata Ong per facilitare e formalizzare il processo di lavoro. Mentre si sviluppava la filiera tessile, nel tempo e con l’aiuto di amici che venivano a scambiare con noi idee e modelli e processi produttivi, bisognava formare sul campo i lavoratori. Abbiamo potuto sviluppare anche la produzione di panieri nei villaggi


laboratorio di sartoria a Ndem

I metalli. Il cuoio. Il commercio
equo e solidale. L'istruzione
 secondaria e professionale

circostanti con erbe naturali che crescevano nel nord del Sahel e abbiamo potuto sviluppare la lavorazione dei metalli: c’era nella zona una tradizione di fabbri, abbiamo quindi mobilitato i giovani dei villaggi in un laboratorio dove si lavora materiale di recupero per fare oggetti di arte, di arredamento, delle poltrone, delle finestre, delle porte, dei giocattoli fatti a partire da scatole di conserva e da scatole di pomodori. Fanno delle cose di decorazione molto creative e tutti i giovani dei villaggi lavorano in questo laboratorio. Abbiamo fatto dei laboratori di lavorazione del cuoio con la formazione delle donne alla concia e poi abbiamo fatto un laboratorio per lavorare la calebasse che è una pianta che cresce qui e con la quale si fanno oggetti decorativi. Abbiamo anche potuto lavorare un po’il legno. Si è deciso di puntare sui saperi pratici e di valorizzarli per collocarci sul mercato occidentale, questo produce un reddito che permette alla gente di vivere modestamente e rimanere nei loro villaggi. Abbiamo saputo poi che quello che stavamo facendo era il commercio equo e solidale, all’inizio lo facevamo senza saperlo, poi abbiamo cominciato a collaborare con delle organizzazioni di questo tipo, dove ci sono molte persone che si impegnano perché hanno questa visione: riconoscono un valore equo al
prodotto che acquistano, perché sanno che c’è un impatto sociale sul progetto che nel Sud del mondo produce questo artigianato. Così abbiamo cominciato a lavorare con Artizans du monde in Francia, con Chico Mendez in Italia, con CTM e abbiamo potuto incontrare delle persone che condividevano la stessa visione di equità e di giustizia, di una vita migliore per tutti. Era una rete di persone, con la quale c’erano incontri di arricchimento reciproco, scambi di esperienze, di competenze e queste persone portavano anche dei mezzi per aiutarci a migliorare questo e quell’aspetto della vita degli abitanti dei villaggi. Per tornare all’educazione quest’anno abbiamo potuto iniziare la secondaria perché molti giovani non continuano gli studi e diventano apprendisti negli ateliers di artigianato, ma ce ne sono molti che vorrebbero continuare a studiare e allora cerchiamo di permettergli di continuare per qualche altro anno nel ciclo secondario. In seguito vorremmo fare della formazione professionale perché questi giovani possano dare continuità ai nostri 20 anni di lavoro con i mestieri dell’artigianato e nell’orto biologico, rimanendo

Fermare la partenza dei
giovani. Il goccia a
goccia. La seconda
trivellazione

nei loro villaggi e creando delle strutture locali. E’ nostro desiderio trattenere questa gioventù che anche quando deve partire verso la città che è a 10 km parte già in condizioni difficili, se poi va a Dakar si trova in condizioni ancora più difficili: non solo per la separazione familiare, ma per tutti i fenomeni di acculturazione che sono in gioco e che fragilizzano, perché quando si è adolescenti c’è bisogno di essere ancora inquadrati e sostenuti. Poterli trattenere qui è molto importante secondo noi. Quanto all’educazione cominciamo a riflettere su quello che potrebbe rendere durevole in futuro il progetto di Ndem e pensiamo a quali risorse umane potranno coltivare il “piccolo granello” che è stato seminato. Questo sarebbe importante. Per questo noi desideriamo che questa gioventù possa essere coinvolta nei progetti che sono già nati e che stanno nascendo come l’orto biologico, che è molto importante per la creazione di impiego, per un migliore nutrimento della popolazione e per la valorizzazione della terra. Nella stagione secca, cioè durante i 9 mesi nei quali non c’è pioggia, ci si rende conto che se c’è l’accesso all’acqua e se c’è una popolazione che ha tradizione agricola c’è lì un potenziale di lavoro. L’agricoltura sostenibile si basa sul composto combinato con l’allevamento e qui l’acqua è rara e cara, ma ci sono dei metodi di irrigazione che sono economici. Per questo abbiamo optato per il sistema goccia a goccia che è un sistema di tubi che fa sì che ogni pianta venga annaffiata non con l’annaffiatoio che richiede molta acqua, ma con le gocce. Questo crea un bulbo di umidità alla radice della pianta che fa sì che la pianta abbia il suo fabbisogno di acqua. Sono metodi nuovi per noi, un modo di annaffiare alternativo di un’agricoltura sostenibile per il suolo e per i consumatori che mangiano i prodotti. In Senegal ci sono molte malattie che stanno sorgendo a causa dell’uso di prodotti chimici che sono messi sugli ortaggi e che non sono controllati dallo Stato. Vengono manipolati da persone analfabete che non misurano la tossicità dei prodotti che usano e quindi è importante mettere l’accento su metodi diversi di coltivazione. Due anni fa abbiamo avuto l’opportunità di fare la seconda trivellazione a tre km da Ndem in un villaggio serère che polarizza altri otto villaggi circostanti.


alcuni associati di Terre des Egales a Ndem con Serigne Babacar e Sokhna Aissa

Gli orti biologici. Fondare una
cooperativa. Le domande
d’impiego delle donne


Abbiamo potuto avere degli aiuti per fare questa trivellazione che ha un flusso molto più importante di quella di Ndem.- A Ndem abbiamo 6 metri cubi all’ora lì 20 metri cubi all’ora - Acqua di qualità buona che è stata già messa in rete per otto villaggi. Abbiamo fatto formazione in agricoltura biologica a tutte le donne degli 8 villaggi, perché abbiamo iniziato la campagna con un ettaro di orto biologico ( molto più grande di quello che avete visto questa mattina) : c’è un kit di 150 mq per tre persone che condividono un orto biologico ed è una tappa intermedia rispetto a quello che si potrebbe fare domani. Perché ci piacerebbe che domani, se c’è l’accesso all’acqua, questo possa diventare importante nella zona. Dunque stiamo lavorando a un progetto di cooperativa che sarebbe anche agricola, per rispondere al bisogno di organizzazione e di commercializzazione di due perimetri di orto biologico. Essa risponde al bisogno giuridico della nostra organizzazione sociale per artigianato ma anche per i bisogni dell’allevamento che è complementare al biologico per la composta e per rispondere al bisogno di sementi perché il governo si è ritirato e non presta più i semi ai contadini e questi sono molto cari, tra cui quelli dell’arachide. Siccome i raccolti sono molto scarsi, non hanno un capitale di sementi proprio e quindi non hanno più accesso alla coltivazione dell’arachide il cui olio è necessario per il consumo. Questi sono i bisogni della popolazione che la cooperativa potrebbe risolvere. Per questo siamo su questo progetto per vedere come allargare la possibilità di accesso all’acqua perché piove solo durante tre mesi, ma quando piove molto. Quindi riflettiamo su come ripristinare i bacini di raccolta dove c’è l’argilla e come fare invece dei bacini artificiali per creare una riserva d’acqua e potere allargare l’attività di orto e di allevamento, ma nel quadro della cooperativa. E’ un progetto che è importante per tutte le persone che non possono vivere dell’artigianato: perché tutti i giorni riceviamo 250 domande di impiego. Soprattutto le donne della zona che vorrebbero imparare tale o tal’altro mestiere che gli permetta di avere qualche reddito per fronteggiare il bisogno della famiglia perché l’artigianato è a Ndem e in qualche villaggio- sono 300 persone e poco più che vengono impiegate- ma non si può rispondere al bisogno di tutti, dunque è importante creare altri poli d’attività economica che possano aiutare le popolazioni.

Necessità di un
negozio a Dakar.
I problemi
dell’esportazione

Nel quadro della commercializzazione dei prodotti abbiamo il progetto dell’apertura di un negozio a Dakar che resti nel patrimonio degli abitanti dei villaggi, perché da anni abbiamo degli spazi di vendita a Dakar – io lo collego anche all’orto biologico, perché sarebbe un luogo dove si potrebbero presentare alla clientela di Dakar sia i prodotti artigianali del Commercio Equo che i prodotti biologici perché la cooperativa realizzerà lo stesso valore e avrà la stessa ispirazione di giustizia e di mutuo aiuto tra i suoi membri che sta alla sua base. Il punto di vendita a Dakar dunque sarebbe importante sia per i prodotti biologici sia per rispondere ai bisogni di una clientela di Dakar che sarebbe
consumatrice di prodotti dell’orto biologico che è molto raro poter trovare a Dakar. Nello stesso tempo noi abbiamo a Dakar tutta una clientela che apprezza i nostri prodotti artigianali, ma che fa fatica a seguirci, perché finora abbiamo avuto diversi punti di vendita, ma siamo stati ogni volta obbligati a lasciarli per problemi o con i proprietari che volevano recuperare i loro locali o per il costo dei locali. Già tre volte abbiamo dovuto improvvisamente lasciare il locale su cui avevamo investito per arredarlo e per fidelizzare la clientela. Di nuovo oggi siamo nella stessa situazione, perché da cinque anni eravamo ospiti del Centro Culturale Francese per esporre l’artigianato di Ndem come struttura del Commercio Equo e Solidale e ci hanno chiesto di andare via, perché la Francia vuole fare delle economie nel budget e vogliono utilizzare diversamente i locali nel loro Centro. Abbiamo dunque il problema di rendere stabile la vendita dei prodotti a Dakar, per questo un progetto molto importante per Ndem oggi è cercare di comprare un punto vendita a Dakar che rimanga nel patrimonio degli abitanti, che duri nel tempo, che possa avere una clientela fedele e che sia una vetrina del Commercio equo e solidale, e possa parlare dell’esperienza di Ndem e rendere stabili le sue attività artigianali che sarebbero meno dipendenti dall’esportazione. L’esportazione ci pone molti problemi sia logistici - perché la merce deve essere spedita con l’aereo – che di tesoreria perché, tra il momento in cui un ordine parte e il tempo in cui viene pagato, c’è un vuoto mentre gli artigiani attendono la loro paga per vivere e il Centro Maam Samba non ha una tesoreria che permetta di tenere per molto tempo. Il vantaggio di una vendita diretta è che ogni mese c’è un’entrata diretta dei laboratori e questo dà aiuto alla

Il posto salute. Il progetto 
del fondo mutualistico.
La maternità

popolazione che è coinvolta nell’attività del Centro. Questa struttura, inoltre dovrebbe poter sostenere le attività di carattere sociale - ho già parlato prima della mensa, e dovremo pensare ora anche alla mensa della secondaria oltre a quella della primaria. Il governo senegalese non ha soldi, hanno già fatto degli sforzi per darci dei professori e degli istitutori, ma ci sono pochissime mense
finanziate in Senegal per mancanza di mezzi. Con il negozio potremo gestire in modo autonomo le nostre attività sociali attraverso il circuito produttivo. L’altra attività a carattere sociale riguarda la salute, come vi ho spiegato 20 anni fa avevamo costruito il posto di salute, ma per dieci anni non abbiamo avuto un’ infermiera, l’avevamo richiesta al Ministero della salute e dopo 10 anni ci hanno destinato un infermiere che ha molto aiutato, perché la città di Bambey è a 10 Km e il posto di salute più vicino è a 8 km. Il posto salute che abbiamo aperto copre una popolazione di 8mila abitanti, un circondario molto più ampio di Ndem, tutti i villaggi del circondario. Da quando è aperto ha preso avvio tutto il settore salute: le cure, le campagne di sensibilizzazione all’igiene, alle vaccinazioni e di prevenzione dell’AIDS. In ogni villaggio hanno individuato un’animatrice, una donna che funge da riferimento per la salute e così oggi vorremmo mettere in piedi una mutua per la salute: una sorta di organizzazione che fa sì che ogni membro versi una quota di 150 CFA al mese in una Cassa per cui quando una persona è malata e va al dispensario di Ndem, trova che la sua quota copre almeno una parte delle sue spese mediche: è il sistema di solidarietà tra tutti i membri di questa mutua che fa che chi è malato trovi dei soldi nella cassa finanziata anche da chi non è malato. Stiamo cercando di avviarla e a questo proposito abbiamo fatto una campagna di sensibilizzazione. Qualche anno fa abbiamo aperto una maternità per incoraggiare le donne a venire a partorire lì, perché una donna su duecento muore di parto oggi in Senegal e c’è la necessità di avere un aiuto nel seguire i neonati, la consultazione post natale. Nel posto di maternità ci sono stati 100 parti all’anno, questo grazie all’aiuto di amici che fanno parte dell’Associazione che sono venuti ad aiutarci per organizzarci e potere fronteggiare i problemi della salute che sono soprattutto quelli delle donne e dell’infanzia, perché in molti villaggi ancora oggi ci sono solo le donne. Infatti il progetto di sviluppo di

Lotta alla deforestazione. 
Il combustibile biotermico

Ndem dà lavoro agli uomini che sono lì, ma, negli altri villaggi, gli 8 mila abitanti sono soprattutto donne e la mutua per la salute riguarda in primo luogo loro. E’ importante dunque avere accesso all’acqua, alle cure, alla salute e all’attività economica. In questa dinamica di creazione di attività economiche da un anno si è potuto sviluppare un combustibile ecologico che è fatto di argilla e di bucce di arachide che possa sostituire a minore costo gli altri combustibili: legno, carbone, gas. Abbiamo due obiettivi. Il primo obbiettivo è la lotta alla deforestazione perché noi siamo nel Sahel e più si tagliano gli alberi più avanza il deserto e quindi è molto importante salvaguardare gli alberi che ancora vivono. Questo combustibile dà alla cuoca la possibilità di cucinare a minor costo, perché quando ha imparato ad usare il combustibile biotermico, in un forno che è stato fatto dal laboratorio metalli in modo da ottimizzare la combustione, allora ci guadagna anche economicamente perché spende meno. Dunque stiamo cercando di formare le donne non solamente dei villaggi del circondario ma ci piacerebbe formare anche quelle della città più vicina ad utilizzare il combustibile biotermico e noi stessi l’utilizziamo di già nei laboratori di tintura. Qui nel daara - la comunità spirituale dove ci hanno raggiunto in vent’ anni molte persone per condividere la nostra vita e il nostro progetto di sviluppo - nel daara ci sono delle grandi marmitte per cucinare per molte persone, alimentate con il combustibile biotermico. Questo combustibile ha anche creato impiego: c’è l’equipe che lavora nella sua produzione, e sono cinque persone- una cifra che speriamo aumenti – e inoltre ci sono le rivenditrici, le donne lo portano nei villaggi e vendono alle altre donne le palle di biotermico e anche questa è un’occasione di lavoro. Speriamo che sia una pratica che si diffondi in Senegal, ma anche nell’Africa dell’Ovest, perché si basa sul principio della biomassa con materiali locali- argilla e materiali vegetali - si può fornire così un’energia che risparmia le foreste africane che sono devastate. Preservare gli alberi è importante non solo per l’Africa ma per l’intero pianeta. Anche se è un inizio ed è una cosa piccola è un progetto che ha molti risvolti ecologici. Abbiamo potuto alimentare con tronchetti biotermici anche un forno per la panetteria che abbiamo creato


il combustibile biotermico prodotto a Ndem

Il pane con il miglio. 
Il microcredito

l’anno scorso. E’ un forno che potete visitare, fatto di mattoni refrattari per conservare il calore e in argilla. Mentre con le palle di biotermico si alimentano i forni metallici domestici adatti alle piccole marmitte in cui si cucinano i pasti, per il forno sono stati creati dei tronchetti appositi dello stesso composto. Questo si potrebbe diffondere negli altri forni per fare il pane dell’ambiente rurale che non hanno accesso all’elettricità o al gas. Il vantaggio del pane della panetteria - che in questo momento è ferma per ragioni tecniche dato che si deve costruire un forno più grande – è che si fa un pane in cui si introduce il miglio, dunque molto più ricco di quello fatto solo di farina importata, perché se il Senegal vuole avanzare bisogna che possa consumare i prodotti locali e quindi bisogna incoraggiarne la diffusione, la farina invece è importata dall’estero, non c’è grano in Senegal. Quando metti del miglio nel pane non solo hai un pane migliore dal punto di vista del gusto e sul piano nutritivo, ma anche incoraggi le culture locali e riduci l’importazione di farina. Quella della panetteria è una piccola impresa di cinque persone più le rivenditrici che rivendono il pane nei villaggi. Dunque anche questa iniziativa ha creato impiego e qualche piccolo reddito per le donne che possono guadagnare qualche soldo ogni giorno rivendendo il pane, sufficiente ad esempio a pagare il pane per la propria famiglia. E’ una piccola iniziativa economica che è stata appoggiata dalla Cassa di Microcredito che abbiamo creato a Ndem. E’ una cassa che ha come scopo di concedere del credito a minor interesse per aiutare la popolazione che qui non ha accesso ai prestiti bancari : la maggior parte sono analfabeti in francese quindi non possono aprire un conto bancario, inoltre non hanno le garanzie finanziarie richieste, dunque, a fortiori, è impossibile per loro avere accesso al credito. E’ un’iniziativa importante che sta partendo adesso e che permette di fare dei piccoli prestiti soprattutto alle donne e sono loro che rimborsano di più. Questo permette loro di fare dei piccoli commerci e sviluppare la loro attività, così l’anno scorso ci sono stati fino a sei milioni di CFA di prestiti rimborsati. E’ un inizio, ma un po’ alla volta cerchiamo di sensibilizzare i villaggi dei dintorni, perché le popolazioni possano aderire alla Cassa Mutua e questa possa diventare una forza per finanziare le microimprese. La difficoltà è la formazione perché nel Comitato ci sono molte persone

La Ong degli abitanti di Ndem.
A poco a poco, dal legame dei
cuori.


analfabete e parlare di formazione, far venire degli esperti da fuori è un costo eccessivo perché la minima consultazione e formazione costa molto cara. Ci sono dunque tutte le difficoltà di gestione delle diverse attività e dei progetti di Ndem. Nell’informale e solo con il volontariato molte cose sono state iniziate che oggi sono gestite dall’Ong, ma l’Ong è qualche persona che è lì per il cuore e che fa che tutto sia gestito meglio nel quotidiano, ma sempre con pochi mezzi. Non c’è un budget dell’Ong per fare funzionare la Ong stessa. Dunque stiamo pensando di creare delle cartelle di adesione, poiché abbiamo molti amici all’estero: faremo cartelle di adesione annuali a partire da 10 € fino all’infinito, perché questo ci possa aiutare nelle spese di funzionamento, carta, inchiostro, telefono. Faremo questo all’interno della rete di amici, perché ciascuno, secondo quello che può, possa parte attività. Ogni attività è gestita da un comitato – c’è il comitato dell’acqua, quello della salute, quello dell’artigianato, ecc e in ciascuno c’è un segretario, un tesoriere, con un ufficio. Ogni attività quindi è gestita da un collettivo e fa capo alla Ong che si riunisce ogni mese: il responsabile di ogni attività partecipa e si fa un incontro di rendiconto. I comitati sono formati dalle persone che sono del posto e si presentano delle difficoltà quando sono necessarie delle competenze, come, ad esempio, nell’idraulica, competenza che non presente tra i locali. E’ certamente una sfida avere accesso alle tecnologie moderne senza che sul luogo ci siano le competenze necessarie per gestire queste macchine . Ora lo Stato ci ha dato, da due anni, l’elettricità, che ci ha permesso, tra l’altro, di installare l’unità di produzione biotermica, dove le macchine funzionano con l’elettricità. Abbiamo anche qualche pannello solare, ma solo ad uso domestico, perché l’energia solare che risponde ai bisogni dell’Africa ha un costo notevole di investimento, dunque fino ad oggi rimane una tecnologia che ci piacerebbe vedere qui, ma che resta inaccessibile a causa del suo costo di partenza, mentre dopo praticamente non c’è costo. Per concludere: il progetto di Ndem è un progetto che si è evoluto a partire da qualche cosa di molto piccolo, e a poco a poco è cresciuto, grazie alle migliaia di cuori degli abitanti locali che sono legati da una stessa spiritualità che gli ha dato la forza di stare insieme, di risolvere i problemi, di avanzare ogni giorno, e grazie al legame con gli amici del Nord, che nasce dal cu persone, che hanno voglia di impegnarsi in progetti a carattere umanitario. Sono questi i legami che ci hanno permesso di avanzare passo a passo, per migliorare la vita delle popolazioni. Ciò che caratterizza Ndem a mio avviso, è questa specificità: non è un progetto creato da esperti, nel quale da fuori siano stati investiti grandi fondi, ma è un progetto che si è sviluppato così, a poco a poco da un sentimento di fraternità, dal mutuo aiuto, dal desiderio di migliorare il mondo che, a poco a poco, negli anni, ha migliorato le cose. Dunque grazie.

(trascrizione e traduzione di Giannina Longobardi)

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